Francia: tra franglais e adozione dell’inglese nell’insegnamento
Dal 2013 il Parlamento francese s’interroga sull’introduzione di corsi curriculari professati esclusivamente in lingua inglese nelle università di tutta la Francia. Decisione in bilico tra chi accetta “l’inevitabile” espansionismo della lingua inglese, e chi pensa di “tradire” la propria lingua e cultura.
Tutto iniziò il 20 marzo 2013, quando l’allora Ministro dell’Istruzione francese Fioraso rivelò che gli studenti di nazionalità indiana trasferitisi in Francia per frequentare le università nazionali non superavano quota 3.000. Al fine di attirare un maggior numero di studenti stranieri, il Ministro propose di introdurre corsi curriculari professati esclusivamente in lingua inglese.
Académie Française: uno sforzo inutile?
“Dobbiamo essere pragmatici”, affermava Fioraso. “Le più importanti accademie francesi e le Grandes Écoles insegnano in lingua inglese da ormai 15 anni. E’ necessario che anche le scuole meno prestigiose si adeguino”.
Secondo il quotidiano Libération, sono circa 790 i corsi già insegnati in lingua inglese in Francia e l’idea di aumentarne esponenzialmente il numero non sembra preoccuparne i lettori. Libération, infatti, rappresenta un sempre maggior numero di francesi che, negli ultimi 20 anni, ha adottato il franglais nella propria vita quotidiana. Il termine franglais (o franglese) entrò in voga soprattutto dopo la 2GM. Esso veniva usato per definire scherzosamente l’uso spropositato di calchi e prestiti di provenienza anglosassone nella lingua francese. Ad oggi, un gran numero di giovani, studenti, uomini e donne d’affari considera obsoleto il lavoro dell’Académie Française. Sono sempre di più coloro che si stanno adeguando, senza apparenti remore, alla crescente “invasione inglese”.
Innumerevoli sono gli sforzi dell’Académie per mantenere il tanto agognato purismo linguistico e diffondere la lingua francese nel mondo. Nonostante ciò, quest’ultima si posiziona solamente all’ottavo posto nella classifica delle lingue più parlate a livello mondiale, con un’influenza chiaramente in declino. Un tempo lingua franca nel corso di negoziati e incontri a Bruxelles e Strasburgo, ora il francese lascia questo primato all’inglese.
Purismo e “importazioni” dalla lingua inglese: opinioni a confronto
Gli oppositori all’introduzione della lingua inglese nelle università francesi non sono solo accaniti sostenitori della lingua nazionale. Si tratta soprattutto ferventi ammiratori della cultura di cui è espressione. “Insegnare inglese è molto diverso dall’insegnare in inglese” affermano. “Non siamo contrari all’insegnamento delle lingue straniere, anzi dovrebbero essere insegnate sin dalla più tenera età, ma proporre materie curriculari come matematica, storia o letteratura in lingua inglese è cosa ben diversa”.
Non solo le persone comuni, ma anche gli esperti si interrogano su questa possibilità ed esprimono le proprie opinioni in merito.
Antoine Compagnon, studioso francese, insegnante presso la Columbia University e membro dell’American Academy of Arts and Science, esprime pubblicamente il suo dissenso in una lettera aperta. L’accademico afferma che sarebbe meglio insegnare la lingua francese agli studenti stranieri invece di promuovere la comunicazione in lingua inglese tra i non-English-speakers. Egli sostiene che “gli studenti che vogliono imparare la lingua francese, non scelgono solamente la lingua in sè, ma soprattutto il modo di vivere e la cultura che essa rappresenta”.
Il tema resta quindi delicato, sempre in bilico tra puristi e progressisti aperti all’introduzione dell’inglese nel quotidiano.
Uno scontro in campo aperto tra due lingue, culture e tradizioni: si troverà mai un equilibrio in futuro?
Il dilemma è quantomai annoso e la Francia è divisa in due da tempo sulla questione, anche se credo che prima o poi dovranno cedere all’inevitabile e adattare la lingua per metterla al passo con i tempi. Non a caso la lingua francese ha ancora un notevole divario tra forma scritta e ortografia da un lato e lingua parlata dall’altro. Segno, questo, del fatto che gli sforzi di mantenere un purismo linguistico hanno una certa efficacia sulla forma scritta, che però si fossilizza, mentre la lingua parlata evolve molto più rapidamente e a seconda del contesto socio-politico. Il divario tra forma scritta e parlata è endemico di quasi tutte le lingue, ma in molte altre i tempi di aggiornamento sono ben più ridotti. D’altro canto, la questione della conservazione del purismo linguistico in francia è sintomatico di una mentalità culturalmente più conservatrice, anche se ritengo difficile che si possa mantenere tale nell’era della globalizzazione.