La lingua inglese ha adottato prestiti linguistici per secoli. Ora, tuttavia, la tendenza sembra invertita: presta più vocaboli di quanti ne acquisisce.
Il ricorso a prestiti linguistici è una tendenza consolidata, anche nel caso specifico della lingua inglese.
Molti gli esempi, acquisiti soprattutto nel corso degli ultimi 30 anni, afferenti al mondo culinario.
Tra i più conosciuti, suggeriti dall’Oxford English Dictionary, si annoverano:
- tarka dal, piatto indiano a base di lenticchie;
- popiah, sorta di involtino primavera proveniente dalla cucina malaysiana;
- affogato, dessert italiano a base di gelato e caffè.
Un elemento accomuna questi termini: non tutti i parlanti inglesi li conoscono.
Probabilmente alcuni, come affogato, sono più familiari all’orecchio di un madrelingua, ma la maggior parte non appartiene al vocabolario utilizzato quotidianamente da ogni inglese.
Alcuni vocaboli si sono fatti lentamente strada nella lingua grazie alla loro frequenza d’uso, come nel caso del sostantivo sushi segnalato per la prima volta nel 1890, non riuscendo tuttavia a penetrare il cuore profondo dell’inglese.
Altri vocaboli, invece, sono riusciti a imporsi e a entrare a far parte del vocabolario comune.
Due sono gli esempi tratti dalla ligua francese: peace, sostantivo utilizzato sin dalla metà del dodicesimo secolo, derivato dal francese antico “pais”, e war, dal francese antico “werre”.
Altri esempi sono invece mutuati dalle lingue scandinave. Tra gli altri ricordiamo: leg, sostantivo utilizzato a partire dal tredicesimo secolo derivante dal norvegese antico “leggr”, e ancora di medesima provenienza sky, con il significato originario di “nuvola”.
È sempre molto complesso definire con precisione i confini del vocabolario di una lingua, specialmente nel caso di una lingua dall’impatto così globale quale l’inglese moderno.
Ogni parlante, infatti, possiede un vocabolario leggermente diverso. I parlanti inglesi residenti in Nuova Zelanda avranno sicuramente più familiarità con una più ampia varietà di parole di origine Maori, come aroha (comprensione, compassione). Gli inglesi di Scozia, invece, conosceranno più termini di origine gaelico scozzese, come pibroch, tipo di musica suonata da cornamuse.
Sono i dizionari gli strumenti utilizzati per monitorare a livello globale quei vocaboli che presentano connessioni con la lingua inglese. I loro continui aggiornamenti e revisioni evidenziano, infatti, tendenze talvolta sorprendenti.
A tal proposito, gli studi più recenti hanno evidenziato la lenta e costante diminuzione del ricorso a prestiti linguistici da parte della lingua inglese. Sostanzialmente, l’inglese presta più vocaboli di quanti ne acquisisce.
Una delle motivazioni principali di questa tendenza è il successo dell’inglese come lingua veicolare in molteplici ambiti: scienza, educazione, commercio.
Nel passato, l’impatto del colonialismo e delle scoperte scientifiche europee hanno influenzato notevolmente la lingua e il suo vocabolario.
Numerosi sono gli esempi in questo senso. Due su tutti:
- oxygen, dal francese “oxygène” scoperto negli anni ’80 del 1700 dagli scienziati francesi Lavoisier e Guyton de Morveau;
- paraffin, preso in prestito dal tedesco nel 1835.
Oggi, invece, è l’inglese a fornire termini nuovi, soprattutto legati alle tecnologie informatiche e al mondo degli affari:
- internet
- computer
- cell phone
- meeting
- business
Solo per citarne alcuni.
Attualmente, la lingua inglese si conferma quindi come “donatore” di termini, piuttosto che “ricevente”, rivestendo perfettamente il ruolo di lingua veicolare internazionale che le compete.
Una domanda è di conseguenza lecita: le future scoperte tecnologico-scientifiche e le nuove forme di comunicazione legate al web confermeranno o modificheranno radicalmente questa tendenza?
Solo l’osservazione e lo studio continuo della lingua sapranno fornire una risposta esauriente a questo interessante e alquanto complesso quesito.